UNA PROPOSTA DI LEGAMBIENTE
PER IL BASTIONE DI SANTO SPIRITO

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  Albino Perolo
Legambiente Volontariato Verona

 

Nella logica dei piccoli passi, ma senza fermare il cammino, Legambiente propone ( e si propone) di andare avanti sistemando bastione dopo bastione. Dopo quelli di San Zeno e San Bernardino tocca ora al bastione di Santo Spirito, che tutti a Verona conoscono come ex-zoo. Noi preferiamo usare il nome storico, che, guarda caso, coincide con il primo compito di chi si accinge ad intervenire su un luogo: coglierne lo spirito.
La storia dei nomi si affianca a quella dei luoghi, ne segue le diverse trasformazioni.
Qui, nel muro scaligero, si apriva la porta del Calzaro e qui era collocata la lapide, datata gennaio 1325, conservata oggi a Castelvecchio. Calzaro era il magister murarius che, su incarico di Cangrande, sovrintese alla costruzione della nuova cinta. Non doveva essere stata un’impresa da poco, se gli venne intitolata la porta principale della città, che smistava il traffico sulle attuali via Scalzi, Marconi e Valverde verso le porte della più antica cinta comunale.
Nel primo cinquecento la porta venne inglobata in una delle prime rondelle costruite a rinforzo delle mura, il “torion di Calzari”, come si legge su alcune mappe e come lo chiama ancora Sanmicheli nella relazione del 1546.
Ma già si impone l’usanza di chiamare i bastioni non col nome di chi li costruì o del provveditore veneziano del tempo, ma con quello della chiesa e del convento più vicini: così i bastioni Barbarigo e Falier diventano “delle Trinità” e “dei Riformati” e il nostro torrione viene detto di Santo Spirito.
“ Segue il bastion di Santo Spirito (scrive Maffei): benché rotondo non è niente men formidabile de’ moderni(...)in ciascun de’ fianchi tre cannoniere e tre altre coperte sotto il cordone, e due più basse pochi piedi sopra il pian del fosso: spaziosi son gl’ingressi della parte interiore”. Di questa parte interiore conosciamo i rilievi realizzati da Noale e Barbieri nell’imminenza della demolizione operata dai francesi nel 1801; ne parleremo più avanti.
Dopo le mine napoleoniche segue la ricostruzione di Radetzky e Von Scholl, del 1836. Il bastione asburgico, con terrapieno e muro distaccato alla Carnot , rimane intatto fino all’inizio del secolo scorso. Nel 1926 nuovo uso e nuovo nome: questo tratto di mura diviene parco urbano e col vicino bastione dei Riformati anche il nostro diventa “Giardini Regina Margherita”; tutta l’Italia si riempie di parchi con questo nome. Ma non c’è rispetto nemmeno per le regine, perché nel 1940 viene aperta una grande breccia tra i due bastioni, per far passare una nuova strada di penetrazione. Nel 44-45 le poterne, le gallerie di contromina e le caponiere dei bastioni vengono usate come rifugio antiaereo, e il bastione di Santo Spirito, per la vicinanza alla stazione, viene colpito in più punti. I danni non vengono riparati: c’è ancora qualche cratere e la caponiera con la copertura sfondata. Negli anni sessanta con un nuovo cambiamento il bastione diventa Zoo ed ex zoo. Infine, per qualche anno, ospita un centro recupero rapaci, che in assenza del sostegno della Provincia, cui spetta il compito di tutela faunistica, la LIPU è costretta a chiudere lo scorso anno.

I segni di questa storia sono ancora ben visibili: il muro di Cangrande sporge sopra il terraglio con cui era stato rafforzato; l’innesto della rondella cinquecentesca si riconosce per il caratteristico toro di pietra; il cavaliere sanmicheliano coperto di edera e mascherato dalla grande gabbia dell’avvoltoio, visto dal vallo conserva ancora l’aspetto imponente dell’antica fortificazione. Potremmo illustrare ognuna di queste tracce del passato, fino a quelle più nascoste, alla rampa in contropendenza che serviva alle sortite dell’esercito asburgico e fino, anche questa è opera di fortificazione, al bunker antiaereo nella poterna sinistra. Sono cose che appassionano alcuni di noi, che cominciano ad interessare un certo numero di veronesi e che potrebbero richiamare più di un turista ( difficile dire quanti, anche se le fortezze stanno diventando una meta turistica in tutta Europa). Non so se basti per interessare un’opinione pubblica più larga e a far affluire i finanziamenti per un restauro. Spero che sia così, ma, sapendo che non sarà facile e cercando di prevenire obiezioni in senso contrario, provo a cercare un approccio più dinamico. Il restauro, ci viene detto, funziona se è inserito in un contesto che lo valorizza, che crea valore aggiunto: altrimenti produce scarsi effetti, poco visibili o troppo diluiti nel tempo.

La storia ci dice che il luogo di cui ci stiamo occupando è al centro di un sistema: la porta principale delle città trecentesca, il primo bastione che sporge dalle mura per battere un lungo tratto di cortina, la postazione che Radetzky sceglie per seguire gli sviluppi della battaglia di Santa Lucia, nel ‘48. Ce lo dice, più banalmente, anche l’evidenza: basta dare uno sguardo alla mappa cittadina. Al centro di un sistema non dobbiamo più mettere un tappo, una chiusura, come era lo zoo.

UNA STRADA PEDONALE
Torniamo all’immagine della breccia aperta nel 1940. La scelta di aprire una strada voleva essere moderna, dinamica, ma lo è stata a senso unico: dall’esterno verso il centro.
Se facciamo passare una passerella sopra questo taglio ricostruiamo parzialmente la continuità della cinta e creiamo un incrocio tra il percorso che dalla stazione porta dritto a piazza Bra’ ( e per il turista alla casa di Giulietta) e il percorso sulle mura. Le mura diventano una strada, una strada pedonale (ormai si comincia a capire che abbiamo diritto al lusso di andare a piedi, qualche volta).
In altre sedi, finora inascoltati, abbiamo anche proposto un secondo ponte, su cui far passare la strada e la tranvia, perché la breccia ha prodotto un doppio danno, il taglio della cortina e quello del vallo. Se la tranvia congela la situazione esistente, sarà difficile dare un senso al vallo dei Riformati, che resterà una buca inutile e di difficile manutenzione. Se invece lo colleghiamo a quello del bastione di Santo Spirito avremo anche la sede per una bella strada ciclabile.
Non si tratta di restauri: sono infrastrutture viarie (una strada, una passerella, un ponte, una ciclopista), che però avrebbero gli stessi effetti positivi di un restauro.
Non è questa la sede adatta, ma ricordiamo anche che la cinta magistrale è il luogo giusto per fermare il traffico automobilistico, controllare gli accessi dei residenti, quelli a pagamento ecc.

UN ITINERARIO TURISTICO
Su questa strada proponiamo di organizzare un itinerario turistico di prima grandezza, con meta la basilica di San Zeno ma soprattutto legato al nome di Michele Sanmicheli: Porta Nuova ( e in futuro il mezzo bastione di San Francesco ), cavaliere di Santo Spirito, Porta Palio, una deviazione su San Bernardino (cappella Pellegrini), cavaliere di San Giuseppe, porta San Zeno, per arrivare infine alla basilica di San Zeno, con prosecuzione futura fino a Porta Fura e al bastione di Spagna.
Il turista colto ( con le informazioni che sapremo fornirgli) avrà a disposizione un’opzione diversa da quella solita, piazza Bra’, Erbe, casa di Giulietta.

L’ASPETTO NATURALISTICO
Non va sottovalutato il fatto che i bastioni sono anche una grande area verde, l’unica del centro urbano di Verona, ricca di vegetazione e di vita animale ( uccelli e insetti) e che sono, potenzialmente, il corridoio verde che potrebbe collegare in un sistema altre zone naturalisticamente interessanti: quelle del parco dell’Adige a monte e a valle della città.
Per il bastione di S:Spirito è già in cantiere, in collaborazione con la LIPU e il finanziamento del CSV, la creazione di un piccolo percorso naturalistico, con tabelle e indicazioni appropriate.

LA PIAZZA - PUNTO DI RISTORO
Se le cortine sono la strada pedonale, il bastione è la piazza. Un itinerario pedonale ha bisogno di un punto di ristoro, di un luogo dove sostare, bere una bibita, avere accesso ai servizi igienici ecc. Se vogliamo che il parco delle mura sia meta di scolaresche, gite scolastiche, famiglie con bambini, dobbiamo attrezzarlo con strutture di questo tipo. Il posto più adatto è la piazza, si chiama proprio così, del bastione di Santo Spirito: per la sua centralità e perché lo zoo aveva già un bar, che può essere riaperto. Si potrebbe trasformare una delle gabbie, eliminando tutte le altre, in un chiosco per gelati e angurie.

LA FESTA, L’ ANIMAZIONE, LA DIDATTICA
La piazza verde dovrebbe essere finalizzata all’uso dei bambini, non tanto con un altro parco giochi ma con iniziative rivolte alle scolaresche e ai gruppi: la visita guidata, la lezione naturalistica, la festa di compleanno, quella di fine anno scolastico ecc.
Legambiente sta già provando ad organizzare attività di questo tipo sul bastione di San Bernardino, che però manca di strutture al coperto e di servizi igienici. Qui c’è, murata, la casa del custode che potrebbe diventare la casa del parco, l’aula didattica dove accogliere i gruppi, avere il materiale di supporto e dove riparare in caso di pioggia.
Murare gli accessi e le finestre di edifici inutilizzati è una soluzione di emergenza che dopo qualche tempo diventa controproducente: dà a tutti il segnale dell’abbandono, un segnale agghiacciante per il cittadino e il turista, che se ne stanno alla larga, e invitante per chi cerca un riparo qualsiasi.

UN LUOGO PER LO SPETTACOLO E LA MUSICA
Con un gioco di parole, che allude alla necessità di rovesciare l’immagine negativa dei bastioni e nello stesso tempo di provare a farne un luogo di “trasgressioni” positive, abbiamo chiamato “Bastion contrario” l’idea di realizzare, in uno degli orecchioni e nel vallo delle mura, uno spazio per lo spettacolo e la musica, da affidare in autogestione ai gruppi giovanili. Il posto più adatto, perché lontano dalle abitazioni e servito da parcheggi, è proprio l’orecchione destro del bastione di Santo Spirito, con la vasta area prativa fuori dalla porta di sortita.

ALTRI PERCORSI: LE POTERNE E LA STRADA DEL CALZARO
Sull’asse principale, da Porta Nuova a Porta Palio, si inseriscono altri percorsi. Quello della poterna- orecchione-sortita va solo sistemato. Una strada da aprire sarà quella che dal bastione porterà in piazzetta Santo Spirito, la “strada del Calzaro”, da far passare nei cortili del complesso dell’Ospedale Militare, che siamo abituati a pensare come un sistema chiuso, ma che sappiamo destinato ad usi diversi da quelli militari. Cominciando a pensarci, vediamolo già in collegamento con il parco delle mura. Ci servirà anche a cercare di deviare all’esterno il fiume di automobili che sulla circonvallazione interna taglia fuori il parco dal contatto con la città.

DAL MURO DI CANGRANDE AL BUNKER ANTIAEREO:
IL PARCO MUSEO DELLE FORTIFICAZIONI
Ho parlato solo di sfuggita del bastione vero e proprio, di Radetzky e von Scholl, perché ho provato a dimostrare che il restauro e la valorizzazione dell’architettura militrare può essere inserito in un contesto dinamico, che offre opportunità, anche economiche, e sicuramente garantisce vantaggi percepibili anche dal cittadino meno interessato alla storia e all’arte fortificatoria. Ma è evidente che tutto quanto detto finora non può esistere indipendentemente dal fatto che è organizzato su un asse che si chiama cinta magistrale. Tutte le cose proposte finora non sono in contrasto con la parte storico- monumentale; lo integrano e lo valorizzano.
Il restauro può anche essere realizzato in più anni. Si farà soprattutto eliminando il superfluo (recinzioni, vegetazione in eccesso) e lo stiamo già facendo con la sistemazione delle scarpate e la pulizia completa del muro alla Carnot.
Minimi interventi di musealizzazione potranno bastare per orientare il visitatore. Per esempio si potrebbe collocare una copia della lapide conservata a Castelvecchio nel luogo della Porta del Calzaro.

ANCORA TRE PROPOSTE

  1. ELIMINARE LE COSE PIU’ BRUTTE
    In un punto bisogna assolutamente pervenire. Addossata al muro trecentesco vediamo la polveriera austriaca, la piccola polveriera per l’uso giornaliero; ma il tutto è coperto dalle gabbie dell’orso, dei castori e del pinguino. L’angolo tra i resti della cortina scaligera e la rondella veneziana è coperto dalla vegetazione, che minaccia di danneggiare le murature. Sopra c’è un’improbabile zona umida, con vasche di cemento: ci dispiace per le piante, che saranno di un certo interesse naturalistico ma che non sono confacenti all’insieme architettonico.

  2. UN’INDAGINE SPELEOARCHEOLOGICA
    Sotto il terrapieno dell’ultima ricostruzione ottocentesca si conservano i resti del bastione cinquecentesco. Le mine francesi del 1801non hanno distrutto completamente le fortificazioni veneziane, ma solo il saliente, i vertici e le spalle dei bastioni: lo abbiamo visto percorrendo la galleria di contromina sotto i Riformati. Il torrione di Santo Spirito, costruito prima dei bastioni sanmicheliani con piazza bassa a cielo aperto, aveva le batterie in casamatta; un complesso sistema di cannoniere , su due livelli. Nella parte risparmiata dalle mine dovrebbero ancora esserci alcuni dei grandi vani che si possono vedere nei rilievi di Noale e Barbieri. Si dovrebbero esplorare, con l’ausilio degli speleoarcheologi, utilizzando come via d’accesso gli sfiati d’areazione, individuabili facilmente.

  3. UN PERCORSO SOTTERRANEO
    L’indagine archeologica servirà ad orientare futuri restauri che possano rendere accessibile la parte sotterranea del bastione. Sappiamo già che un percorso sotterraneo è realizzabile, con un intervento poco costoso ( due cancelli e alcuni punti luce), sotto il cavaliere, che presenta un doppio accesso alla galleria di contromina. Le due scalinate potrebbero servire da ingresso ed uscita per visite che, abbiamo visto a Porta Nuova, incuriosiscono molto i veronesi.